lunedì 30 luglio 2007

Mutui eterni anche in Italia

Fino a qualche mese fa sembrava impossibile e invece, anche in Italia, sta prendendo piede l'uso, da parte degli istituti di credito, di concedere mutui senza scadenza. Sono i cosiddetti mutui eterni. I sottoscrittori pagano alla banca, mensilmente, per tutta la vita, un determinata somma di denaro che, di norma, è più bassa di quella richiesta nei contratti di tipo tradizionale. Inoltre, è possibile trasferire il debito contratto anche agli eredi. Attualmente sono circa una ventina le banche, in Italia, che concedono questo tipo di finanziamenti. Comprare casa è diventato quanto mai difficile ed oneroso; l'aumento dei tassi d'interesse da parte della BCE di certo non ha aiutato, anzi ha scoraggiato gli acquisti nel settore immobiliare che, di fatti, ristagna. Qual'è allora l'unica soluzione possibile? Accendere un mutuo eterno. Ma conviene veramente? E' nostro parere che una soluzione del genere convenga soprattutto alle banche e non ai clienti. Infatti, fino a quando il mutuo non è completamente estinto, ricordiamo che è sempre la banca che gode dell'ipoteca sull'immobile. Pertanto, accendere un mutuo eterno, significa, in buona sostanza, non divenire mai, veramente, proprietari dell'immobile che si sta pagando. Un'altra considerazione da fare è sui tassi d'interesse applicati. Di sicuro più si allunga la durata del mutuo, tanto più questi prevederà un piano di rimborso con delle rate più contenute, ma a fronte di un risparmio apparente di poche decine di euro al mese, in dieci o venti anni l'ISC farà lievitare l'ammontare complessivo del mutuo ben al di sopra del reale valore dell'immobile che, di conseguenza, in caso di vendita, non garantirebbe alcun guadagno alle quotazioni di mercato. Il fatto poi che il debito possa essere, in automatico, trasferito agli eredi è quanto meno discutibile. Non a tutti, infatti, farebbe piacere dover pagare per un bene che, vista la tipologia del contratto, non diventerà mai davvero di sua proprietà. In soldoni il calcolo da fare è piuttosto semplice: se un impiegato trentacinquenne di Milano stipula un mutuo per la prima casa da 100.000 euro, con Ltv (Ltv sta per loan to value ed è la quota dell'investimento finanziata dal mutuo - ndr) del 50%, oggi può spuntare un tasso fisso del 5,5% sia sui 30 che i 40 anni, o il 4,87% variabile sia a 30 che a 40 anni. La rata mensile a tasso fisso a 30 anni è di 568 euro, a 40 di 516, di 529 euro sul variabile la rata a 30 anni e di 474 a 40. Il rimborso del mutuo a 30 anni costa 204.480 euro con il tasso fisso e 190.440 col variabile, mentre a 40 anni costa 247.680 euro col fisso e 227.520 col variabile. La differenza è di 43.200 euro tra 40 e 30 anni col tasso fisso e 37.080 col variabile, a fronte di un alleggerimento di 52 euro della rata mensile a 40 anni rispetto a quella a 30 anni con il mutuo a tasso fisso e di 55 euro con il variabile. Insomma, per ridurre la rata mensile del 10% circa, si paga alla fine di un contratto di 40 anni rispetto al mutuo a 30 anni il 21% in più con il tasso fisso e il 19,5% con il tasso variabile. Come volevasi dimostrare...
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